Nell’ultimo articolo vi avevo introdotto un reportage riguardante un luogo di Roma, nel quartiere Esquilino: piazza Vittorio.
Una situazione difficile, celata dal disinteresse e dalla dimenticanza.
Piazza Vittorio è folclore, le manca forse un po’ d’amore del Bel Paese per tornare a splendere. Perché la rovina non sono gli extracomunitari, provenienti da ogni parte del mondo, ma la noncuranza e il disinteresse di un Comune che forse è al momento sommerso da problemi più grandi – stando alle voci di chi qui ci vive da sempre.
È un quartiere multietnico e controverso. A tratti è un posto allegro, mostra squarci di bellezza e felicità: al mattino, presto, un gruppo di signore cinesi si riunisce per la quotidiana ginnastica mattutina, accompagnata da tradizionali ventagli cinesi colorati.
Nel pomeriggio i giovani indiani giocano a cricket; peruviani e cubani si incontrano dopo il lavoro per una birra fresca e due chiacchiere per ammazzare il tempo.
La storia di piazza Vittorio
Nato quando la Città Eterna divenne capitale del Regno d’Italia, l’Esquilino è uno dei rioni del centro storico di Roma, a pochi passi dalla Stazione Termini.
Passeggiando per il cuore si è sbalzati in un’altra realtà. È come se fosse la Cina Town della Capitale: negozi, ristoranti e attività commerciali di ogni genere sono gestiti unicamente da asiatici, prevalentemente cinesi.
Cuore pulsante del quartiere è piazza Vittorio Emanuele II, una grande piazza porticata – la più grande di Roma, più grande di piazza San Pietro – in stile umbertino, al centro della quale l’architetto Carlo Tenerari creò un giardino, ornato con viali di ghiaia, piante di vario genere – come magnolie, palme, cedri del Libano, platani – e un laghetto con al centro un’opera statuaria di Mario Rutelli, proveniente dalla Fontana delle Naidi di Piazza della Repubblica. Difronte al laghetto, un importante rudere romano, i Trofei di Mario, lasciati proprio lì dove erano collocati originariamente.
Ad occupare la piazza anticamente c’era Villa Palombara, facente parte degli antichi giardini Horti Lamiani, situati in cima al colle Esquilino, da cui il quartiere prende il nome. A fine ‘800 Villa Palombara viene demolita proprio per fare posto all’attuale piazza. In seguito alla demolizione, sopravvisse esclusivamente Porta Magica o Alchemica, monumento conosciuto per la sua storia, che aleggia tra mistero e leggenda. I lavori di demolizione hanno portato alla luce resti dell’antica necropoli esquilina e il cimitero dei poveri della Roma pre-imperiale che Mecenate aveva fatto rimuovere per costruirvi i propri giardini, gli Horti Maecenatis.
Il mercato di piazza Vittorio
A fine ‘800, al centro della piazza, viene trasferito un grande mercato.
Conosciuto come Mercato Esquilino, è la vera anima del quartiere, l’emblema.
Con esso, inizia un lento e inesorabile degrado. La piazza inizia a sporcarsi, inevitabilmente, giorno dopo giorno. Il giardino si trasforma, il laghetto sparisce, inizia a calare un alone scuro sul centro di Roma.
Quando nel 2001 il mercato viene trasferito nell’ex caserma Guglielmo Pepe, la piazza inizia a ritrovare pian piano il suo splendore perduto, il giardino viene ridisegnato, all’ombra degli imponenti palazzi ottocenteschi. Nonostante la nuova location sia senza dubbio più igienica, il mercato appare decisamente meno folcloristico.
Con il trasferimento del mercato, l’Esquilino ha perso la propria anima. Il mercato era infatti uno dei più suggestivi dell’intera città. Fonda le sue radici nell’antichità e con lui va via un pezzo di cuore degli abitanti locali.
Finisce così la seconda parte di questo reportage. Un reportage che racconta ambedue le facce della medaglia, ormai arrugginita, di questa realtà tanto complicata quanto delicata.
Nei prossimi capitoli entrerete nel vivo dei personaggi. Scoprirete piazza Vittorio attraverso i loro occhi e le loro storie. Avrete modo, come me, di capire quanto i diversi “ruoli” e il modo in cui si vive un determinato luogo, facciano la differenza.
Non sarò io a raccontare ma sarà la voce di Franco, un carabiniere in pensione, che con i suoi colleghi dell’Associazione CCC Martiri di Nassiriya fa del suo meglio per assicurare l’ordine, il decoro e la pulizia della piazza; è la voce di Ace, un giovane scampato al destino del mare; è la voce di Angelo, idraulico, che qui vive da oltre 30 anni e che, però, i suoi figli li ha fatti andar via; è la voce di Omar, che al mercato dell’Esquilino fa il sarto da tre anni, ma che non dice ancora neanche quasi una parola in Italiano.
È uno spaccato di tristezza e malinconia, di colori e di immondizia.
Di vita.